Nudos Amat Eremus
Il Deserto ama coloro che non
hanno Nulla
(San Girolamo)
Ho capito recentemente quanto sia importante
accompagnare persone alla scoperta dell’Africa. Frequentando con assiduità i
progetti (perché questo è ciò che faccio) ho finito per dare per scontati
tantissimi aspetti che invece mi avevano infiammato all’inizio. Inutile
negarlo: con il tempo si perde un po' di poesia e le emozioni si fanno più
sfumate. Sento l’esigenza di partire, di tornare, ma a volte fatico a ricordare
il perché.
Quando a viaggiare non sono solo è tutto diverso. È
come tornare indietro nel tempo. Riesco a rivivere tutto attraverso gli occhi,
le emozioni, gli interrogativi di chi è al mio fianco.
L’Africa ha due piani di lettura.
C’è la crosta, il piano superficiale, che contiene il
disagio, la povertà, i contrattempi, le malattie. È la
realtà con la quale ci si confronta al primo impatto, ed essa può suscitare disgusto. È tutto talmente incomprensibile che è assolutamente normale rifiutarlo.
realtà con la quale ci si confronta al primo impatto, ed essa può suscitare disgusto. È tutto talmente incomprensibile che è assolutamente normale rifiutarlo.
A Wajir questi due livelli sono estremizzati ed ogni
sensazione, positiva o negativa, è amplificata.
Wajir è un luogo speciale, troppo speciale per
abituarcisi.
All’inizio si rimane storditi dal caldo, disgustati
dalla plastica abbandonata ovunque, interdetti da alcuni aspetti della cultura
somala, impauriti per la violenza dilagante alle porte della città, sconvolti
dalla povertà estrema in cui versa la popolazione.
Agli occhi di un visitatore
neofita d’Africa, Wajir è l’inferno.
Osservo divertito
chi vive questa fase, ansioso di vedere se chi la attraversa sarà in grado di
fare il passo successivo. Non è un passaggio automatico né alla portata di
tutti. Qualcuno tornerà a casa propria provando, e poi ricordando di aver
provato, esclusivamente queste sensazioni. Per evitare che ciò accada, diventa
essenziale la presenza di una guida che aiuti ad interpretare la realtà.
Se si ha la pazienza e la disposizione d’animo per
superare il livello superficiale, poi l’Africa inizia a parlare al cuore e la
repulsione diventa attrazione, curiosità, stupore, pura gioia.
Ci si rende lentamente conto che il deserto, che inizialmente
pareva ostile alla vita, ospita in realtà una moltitudine di creature, una
varietà di uccelli impensabile alle nostre latitudini, una presenza sorprendente
di mammiferi discreti come le giraffe, albe e tramonti commoventi.
Quando si accettano i ritmi compassati e l’incapacità
di rispettare i programmi, improvvisamente ci si rende conto che nelle attese
c’è tanto spazio per la relazione e la riflessione e che la lentezza è il
miglior antidoto allo stress di cui noi occidentali siamo afflitti
costantemente.
Quando si supera la diffidenza ed il pregiudizio nei
confronti dei musulmani, si rimane stregati dal canto ammaliante del muezzin,
ci si scopre affascinati dalla spiritualità degli anziani che recitano
interminabili rosari all’interno di povere capanne, si prova rispetto per chi
osserva con meticolosità il dettame delle preghiere quotidiane.
I somali, che in principio appaiono gente dura e poco
propensa al dialogo, rivelano successivamente la capacità di mostrare gioia e
riservatezza allo stesso tempo e non si può che provare una sorta di
ammirazione empatica per la dignità con la quale conducono vite totalmente
prive di qualunque risorsa.
Poi ci sono i volontari e la carità di oggi, e su ogni
cosa è palpabile lo spirito di Annalena.
Ho compreso che Wajir rende sante le persone. Bisogni
così immensi e una realtà così difficile risvegliano qualcosa dentro di noi. Ci
si trova di fronte alla possibilità di aiutare davvero le persone e
di poter
fare seriamente la differenza.
Il secondo livello dell’Africa a Wajir è un sentiero
sabbioso che conduce all’eremo di Annalena. Lungo il sentiero si acquista la
consapevolezza che per aiutare queste persone occorre diventare un po' santi,
emanciparsi dai bisogni del corpo per abbracciare quelli dell’anima. È
necessario rinvigorire le proprie motivazioni, distinguere la bellezza
dell’essenzialità, scoprire che la nostra vita qua può acquisire un senso
compiuto.
Lungo il sentiero diventa tremendamente chiaro che “i
poveri bisogna andarli a cercare”, che aiutare il prossimo è un’azione che
esprime il movimento ed esclude la staticità.
Sono ancora all’inizio di quel sentiero, per cui
rimane ancora tanto da scoprire.
Il mio compagno di viaggio ha già capito è che “uno
può vedere le foto ed ascoltare i racconti, ma se non vede con i propri occhi
non può credere che tutto questo sia possibile”. Per intraprendere quel
sentiero sabbioso insomma, bisogna venire a Wajir.
ML
ML
1 commento:
Welcome to Wajir and see the reality. At Grannies center, we try where we can to change the life of many through humaritarian aid and development activities.
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