Mi piace seguire i ritmi della natura. Il risveglio che segue il sole, odore di tappeti e polvere e cosce stirate da gambe incrociate, mani sulle ginocchia. Gli occhi sono chiusi per permettere ai pensieri di uscire dalle sottili fessure delle ciglia: li lascio liberi di osservare dall'alto, per permettermi di iniziare la giornata con più consapevolezza di ciò che ho attorno. Dopo la partita di basket delle otto del mattino, si balla sulle note di "Avec Toi", a piedi nudi sulla terra rossa. La musica è disturbata dal clacson del fuoristrada di Naina. La sabbia rimane sola, in compagnia di impronte di piedi diversi, uniti nella stessa danza: sigillo di un momento che si sbriciola, diventando un pensiero.
Sobbalzo e rimbalzo, il che rende più difficile cantare Avec Toi per animare il viaggio di andata. Le ruote imponenti dominano la strada ondulata e appuntita sotto la vigile guida di Naina, che sorride al volante quando parlo malgascio.
Dal finestrino osservo susseguirsi senza sosta fotografie di paesaggi di luna che sorge. Arriviamo a Besaika: mentre Naina abbassa il finestrino per salutare qualche conoscente a pochi metri da lui, io
mi perdo nello sguardo della donna affacciata ad un buco nella parete di terra. Le persone sono immobili, come ritratti nostalgici. Credo di poter superare il disagio dovuto ai miei osservatori, ma ho a disposizione solo qualche secondo attraverso il finestrino chiuso, prima che il rombo del motore mi costringa ad abbandonare quello scenario.
Ciò che rimane è come una foto di mia mamma da giovane, incollata ad un album schiacciato nella libreria dei miei nonni. Immagino di afferrare tra le dita l'angolo ingiallito dell'album che odora di buono e volto pagina: siamo a destinazione.mi perdo nello sguardo della donna affacciata ad un buco nella parete di terra. Le persone sono immobili, come ritratti nostalgici. Credo di poter superare il disagio dovuto ai miei osservatori, ma ho a disposizione solo qualche secondo attraverso il finestrino chiuso, prima che il rombo del motore mi costringa ad abbandonare quello scenario.
L' erba gialla e alta mi solletica le ginocchia, perché ho arrotolato i Jeans già sporchi di fango: attraversiamo un fiume. I miei piedi sono come acquarelli nell'acqua prima trasparente, che ora scintilla rossa illuminata dal sole di mezzogiorno. Avverto scaglie appuntite, ma prima di preoccuparmi mi accorgo di avere sotto i piedi proprio ciò che stiamo cercando: canna da zucchero. Viene tagliata a rondelle e trasformata in caramelle che profumano di campagna, ma che hanno il sapore delle zollette da tè.
Scivolo sull'argine del fiume come se fossi acqua: sono infangata fino ai polpacci, ma non mi sono mai sentita così limpida.
Io, Roberto e Marie-Jeanne siamo invitati ad una festa: dopo una ripida salita mi ritrovo su un tappeto di zollette di zucchero su cui giace un buffo marchingegno di legno e fuoco. Stiamo per scoprire come realizzare il rhum.
Il fratello di Naina si ferma e si avvicina indicando una palude da cui crescono graziosi ciuffetti verde smeraldo: fa capolino uno zebù.
Ora mi trovo seduta a gambe incrociate a mangiare tapioca. Qualche giorno fa mi sono chiesta se tutto questo fosse molto diverso o molto sbagliato. In questo momento credo che avvicinarsi alla natura sia il modo migliore per percepire una vita viscerale, che entra dalle palpebre socchiuse e non esce più. Una vita fatta di mattine che profumano di terra e di pomeriggi da masticare. Forse è per questo che qua le persone sorridono in modo diverso, nel modo giusto.
- ANNA
3 commenti:
Grazie Anna. Credo che stiate lentamente scoprendo che una vita scandita dai ritmi della Natura è semplicemente una vita più giusta, e questo si riflette nei sorrisi delle persone. MIC
Come non commentare Anna ciò che scrivi ci sembra di aver visto un film... con colori
Come non commentare Anna il tuo bellissimo racconto: ci sembra di aver visto un film con panorami persone e colori vivaci la tua descrizione ci affascina. Ciao buona notte Elio e Mira
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