Il
Tropenmuseum o Museo dei Tropici di Amsterdam è un museo etnografico collocato
in uno splendido edificio storico situato in una meravigliosa zona verde di
Amsterdam. Il piano inferiore del museo è dedicato alle mostre temporanee,
caratterizzate da tecnica espositiva moderna e interattiva. In questo piano è
presente anche un’area didattica interamente dedicata ai bambini. I piani
superiori invece rappresentano l’esposizione permanente, suddivisa per aree
geografiche. La parte più interessante e dettagliata del Tropenmuseum custodisce
una ricchissima collezione di reperti etnologici raccolti nel corso delle spedizioni
in Papua Nuova Guinea dall'antropologo Pauk Wirz e acquistate dal Museo nel
1911. Sono esposti costumi per cerimoniali, antiche asce, utensili, tamburi e
strumenti musicali, vasi decorati, contenitori per alimenti, canoe da guerra e persino
maschere per riti funerari costruite assemblando parti di crani. Impressionante
la collezione di Korwars (antiche statuette raffiguranti gli antenati) realizzati
con teschi umani veri. Questi reperti sono stati realizzati dai misteriosi
popoli dell’entroterra, rimasti completamente isolati fino al ventesimo secolo.
Si tratta dei popoli Asmat, Ymar, Marind, Amin, Tolai, Abelam.
Day and night, sun and
moan, birth and death, growth and decay, creation and destruction were
reflected in the Papuan rituals. In huge ritual celebrations they relived the
creation of the world. Fertility and funeral rites were also on thei ceremonial
calendar. For Papuans death was not the end, but the beginning of a new life.
La
seconda parte della sezione Papuana rimanda ripercorre la storia
dell'esplorazione olandese della Nuova Guinea e presenta reperti come fotografie
originali o strumenti per misurare i tratti somatici delle varie popolazioni. Molto
interessante (anche se un po’ “compressa”) è la collezione di animali, ossa,
minerali, conchiglie e insetti (enormi).
La
sezione successiva si focalizza sulla cultura del sud-est asiatico presentando
oggetti religiosi appartenenti alle culture che abitano Sumatra, Giava, Bali,
Molucche e Tailandia.
In spite of the many modern
developments in Bali and the contact with the growing stream of western
tourists, the Balinese remain true to thei own religion. Religious life in Bali
is directed towards preserving balance and harmony, both in an individual’s
life and in society. The gods are conciliated with daily offerings of rice,
incense flowers and fruits. While still very young, children learn the various
Balinese dances. These are performed chiefly to please the gods.
Il
piano superiore è dedicato ad Africa, Medio Oriente e America Latina.
Interessante
la scelta di raccontare le culture africane secondo aree tematiche e non
geografiche. Gli aspetti approfonditi trasversalmente alle varie etnie del
continente africano sono status e gerarchie, la religione, forme e design, maschere
e ornamenti cerimoniali, oltre ad alcuni focus sull’islam in Senegal o il regno
Kuba in Congo.
Gods, supernatural forces
and ancestors play a key role throughout Africa. The variety of religious ideas
and practices is enormous, especially where indigenous religions have merged
with imported faiths such as Islam and Christianity.
Molto
semplice ma d’effetto è la sezione mediorientale, scenograficamente organizzata
riproducendo un suk arabo, per cui il visitatore percorre strette stradine
soffermandosi a visitare piccole moschee, sbirciando gli arredi tradizionali attraverso
le piccole finestre delle case o esaminando la merce esposta nei negozi del
bazar.
The core of these three
religions is the idea that the Earth and all of life on Earth was created by,
and is reigned over by, a single God.
La
palma per la trovata più originale va però alla piccola parte sudamericana. Il
visitatore si può sedere all’interno di un piccolo bar, scegliere e ascoltare da
un vero jukebox una canzone scelta a rappresentare ogni stato latino-americano,
immaginare di ordinare un bicchiere del rum o della tequila posta sugli
scaffali polverosi del peggior bar di Caracas.
M.L.
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