“A
tutte le bestie selvatiche, a tutti gli uccelli del cielo e a tutti gli esseri
che strisciano sulla terra e nei quali è alito di vita, io do in cibo ogni erba
verde”. E così avvenne. Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa
molto buona (Genesi 1, 30-31).
Le
metafore bibliche che Ngorongoro è capace di evocare si sprecano. La creazione
ed il Paradiso terrestre sono i riferimenti che per primi saltano alla mente.
Appena scesi sul fondo del cratere l’impressione è però quella di essere entrati
nel ventre dell’Arca di Noè: “E di tutto ciò
che vive di ogni carne fanne entrare nell'arca due di ogni specie per
conservarli in vita con te; e siano maschio e femmina. Degli uccelli secondo la
loro specie, del bestiame secondo la loro specie e di tutti i rettili della
terra secondo la loro specie. Due di ogni specie verranno a
te, perché siano conservati in vita” (Genesi 6, 19-21). Il cratere di Ngorongoro è innanzitutto uno spettacolo geologico: il collassamento di un imponente vulcano della Rift Valley (che si calcola fosse più alto del Kilimanjaro) all’interno della sua camera magmatica ha prodotto una caldera del diametro di 19 km e profonda 600 metri, la più grande caldera integra della Terra. Quella che in effetti è una caldera viene da tutti chiamata cratere.
Le alte e scoscese pareti dell’enorme depressione preservano 300 km2 di prati e foreste dove prosperano decine di migliaia di gnu, zebre, bufali, gazzelle di Thomson e Grant ed altre antilopi meno presenti. Questa straordinaria concentrazione di erbivori ha prodotto la più alta concentrazione di predatori di tutta l’Africa. Sarebbero presenti dentro il cratere ben dodici famiglie di leoni, un numero notevole di iene e sciacalli oltre a una presenza significativa di leopardi e ghepardi. Ngorongoro è inoltre uno degli ultimi santuari del rinoceronte nero, animale il cui stato di conservazione viene classificato come critico. Ngorongoro ne conserva una decina di esemplari. In pratica è rappresentata tutta la fauna per cui vale la pena prendere parte ad un safari in Africa. Manca solamente la giraffa, e questa assenza ha dato vita ad una leggenda secondo la quale l’aggraziato e slanciato animale non sarebbe in grado di salire e scendere le ripide pareti del cratere. Studi
approfonditi hanno rivelato che il suolo vulcanico del cratere non consente lo sviluppo di una vegetazione ad alto fusto sufficiente per il sostentamento di una popolazione di giraffe. Anche il basso numero di elefanti, animali dalla dieta più versatile rispetto a quella della giraffa, testimonia comunque un ecosistema più favorevole agli erbivori pascolatori rispetto ai brucatori. La “Ngorongoro Conservation Area” ha un altro aspetto interessante. Con l’eccezione della superficie del cratere, essa è rimasta l’unica area protetta della Tanzania dove le popolazioni nomadi Masai possono insediarsi e far pascolare il proprio bestiame in stretta convivenza con la fauna selvatica, come cioè hanno sempre fatto da tempo immemore. Purtroppo questa attenzione ammirevole nei confronti di una minoranza etnica da parte delle autorità tanzaniane rimane spesso un atteggiamento di facciata. Vengono infatti imposte severe limitazioni agli spostamenti dei capi di bestiame e alla libertà
di questa popolazione al fine di tutelare la salute e la diffusione degli animali selvatici che rappresentano una vera e propria miniera d’oro per la Tanzania. Malgrado queste tristi considerazioni bisogna riconoscere che questo ambiente particolarissimo, complice la sua morfologia così delimitata e facilmente controllabile, sia un santuario della natura come ne rimangono pochi sul pianeta. Ed in virtù di questo, se davvero l’obbiettivo delle autorità fosse quello di difendere gli animali, bisognerebbe trovare il modo anche di limitare la circolazione delle auto dei turisti che in alta stagione affollano il cratere al punto di arrecare disturbo alla fauna. Gli animali sono talmente assuefatti alla presenza dei veicoli che si dice che i leoni si nascondano dietro agli automezzi prima di sferrare un attacco per aumentare l’effetto sorpresa. Vista di persona la familiarità di questi felini con le macchine non è difficile credere a questa diceria.
M.L.
te, perché siano conservati in vita” (Genesi 6, 19-21). Il cratere di Ngorongoro è innanzitutto uno spettacolo geologico: il collassamento di un imponente vulcano della Rift Valley (che si calcola fosse più alto del Kilimanjaro) all’interno della sua camera magmatica ha prodotto una caldera del diametro di 19 km e profonda 600 metri, la più grande caldera integra della Terra. Quella che in effetti è una caldera viene da tutti chiamata cratere.
Le alte e scoscese pareti dell’enorme depressione preservano 300 km2 di prati e foreste dove prosperano decine di migliaia di gnu, zebre, bufali, gazzelle di Thomson e Grant ed altre antilopi meno presenti. Questa straordinaria concentrazione di erbivori ha prodotto la più alta concentrazione di predatori di tutta l’Africa. Sarebbero presenti dentro il cratere ben dodici famiglie di leoni, un numero notevole di iene e sciacalli oltre a una presenza significativa di leopardi e ghepardi. Ngorongoro è inoltre uno degli ultimi santuari del rinoceronte nero, animale il cui stato di conservazione viene classificato come critico. Ngorongoro ne conserva una decina di esemplari. In pratica è rappresentata tutta la fauna per cui vale la pena prendere parte ad un safari in Africa. Manca solamente la giraffa, e questa assenza ha dato vita ad una leggenda secondo la quale l’aggraziato e slanciato animale non sarebbe in grado di salire e scendere le ripide pareti del cratere. Studi
approfonditi hanno rivelato che il suolo vulcanico del cratere non consente lo sviluppo di una vegetazione ad alto fusto sufficiente per il sostentamento di una popolazione di giraffe. Anche il basso numero di elefanti, animali dalla dieta più versatile rispetto a quella della giraffa, testimonia comunque un ecosistema più favorevole agli erbivori pascolatori rispetto ai brucatori. La “Ngorongoro Conservation Area” ha un altro aspetto interessante. Con l’eccezione della superficie del cratere, essa è rimasta l’unica area protetta della Tanzania dove le popolazioni nomadi Masai possono insediarsi e far pascolare il proprio bestiame in stretta convivenza con la fauna selvatica, come cioè hanno sempre fatto da tempo immemore. Purtroppo questa attenzione ammirevole nei confronti di una minoranza etnica da parte delle autorità tanzaniane rimane spesso un atteggiamento di facciata. Vengono infatti imposte severe limitazioni agli spostamenti dei capi di bestiame e alla libertà
di questa popolazione al fine di tutelare la salute e la diffusione degli animali selvatici che rappresentano una vera e propria miniera d’oro per la Tanzania. Malgrado queste tristi considerazioni bisogna riconoscere che questo ambiente particolarissimo, complice la sua morfologia così delimitata e facilmente controllabile, sia un santuario della natura come ne rimangono pochi sul pianeta. Ed in virtù di questo, se davvero l’obbiettivo delle autorità fosse quello di difendere gli animali, bisognerebbe trovare il modo anche di limitare la circolazione delle auto dei turisti che in alta stagione affollano il cratere al punto di arrecare disturbo alla fauna. Gli animali sono talmente assuefatti alla presenza dei veicoli che si dice che i leoni si nascondano dietro agli automezzi prima di sferrare un attacco per aumentare l’effetto sorpresa. Vista di persona la familiarità di questi felini con le macchine non è difficile credere a questa diceria.
M.L.
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