Alberto
Moravia ebbe una bruciante e insaziabile passione verso l’Africa. Insieme alla
compagna Dacia Maraini visitò, tra il 1962 e il 1979, una quindicina di nazioni
africane alcune delle quali furono meta di più di un viaggio. Nei tre volumi Passeggiate Africane, A quale Tribù
appartieni? e Lettere dal Sahara
sono raccolti i diari compilati nel corso dei loro viaggi. A questi viaggi
parteciparono anche altri artisti come Pasolini e Maria Callas. Nei confronti
delle popolazioni locali Moravia adottò un approccio di tipo antropologico, descrivendone
dettagliatamente tradizioni, abbigliamento e stili di vita. L’aspetto più
interessante di questi scritti
risiede nel fatto che Moravia fu in grado di compiere una vera e propria
lettura esegetica delle realtà che incontrò, la cui interpretazione lo portò a
formulare un tema che ricorre costantemente in tutti i suoi testi. Egli era
convinto infatti che l’Africa fosse rimasta preistoria, perché in Africa la
storia non si frappone tra l’uomo e la Natura. E la preistoria incute una paura
ancestrale nell’uomo. Secondo Moravia la
paura ed il mal d’Africa sono lo stesso sentimento che viene provato ad
intensità diversa dagli africani e dagli europei.
Il mal d’Africa è un
fascino con un fondo
di paura, che è poi paura della preistoria cioè delle forze irrazionali che l’uomo in tante migliaia di anni è riuscito in Europa a respingere e a dominare e che qui in Africa sono invece ancora invadenti e scatenate. E’ una paura alla quale l’europeo finisce per abituarsi, anche perché egli ha le sue radici altrove e la sua personalità è più solida e meno labile di quella dell’africano; una paura, insomma, angosciosamente piacevole. Ma la paura dell’africano privo di storia, con una personalità vacillante come la luce di una candela, è paura sul serio, spavento senza nome, terrore perpetuo e oscuro. La magia è l’espressione di questa paura della preistoria: essa è tanto laida, tetra, e demenziale quanto il mal d’Africa è afrodisiaco anche se disgregante e annientatore. In realtà la magia è l’altra faccia del mal d’Africa.
di paura, che è poi paura della preistoria cioè delle forze irrazionali che l’uomo in tante migliaia di anni è riuscito in Europa a respingere e a dominare e che qui in Africa sono invece ancora invadenti e scatenate. E’ una paura alla quale l’europeo finisce per abituarsi, anche perché egli ha le sue radici altrove e la sua personalità è più solida e meno labile di quella dell’africano; una paura, insomma, angosciosamente piacevole. Ma la paura dell’africano privo di storia, con una personalità vacillante come la luce di una candela, è paura sul serio, spavento senza nome, terrore perpetuo e oscuro. La magia è l’espressione di questa paura della preistoria: essa è tanto laida, tetra, e demenziale quanto il mal d’Africa è afrodisiaco anche se disgregante e annientatore. In realtà la magia è l’altra faccia del mal d’Africa.
Moravia
organizzò ogni viaggio animato dall’intenzione di allontanarsi il più possibile
dalle più battute rotte turistiche esplorando gli angoli meno noti del
continente. La sua straordinaria sensibilità gli consentì di cogliere l’essenza della realtà africana e di
andare oltre alle impressioni superficiali che normalmente vengono espresse dai
viaggiatori occasionali. Devo però criticamente ravvisare che non riuscì mai a
costruire una relazione paritaria con l’africano, sostanzialmente perché viaggiando
in Africa per brevi periodi, con auto privata, interprete e le tasche piene di
soldi non è possibile creare un canale di comunicazione realistico con la
popolazione locale. Nonostante questo punto di vista "esterno" nei suoi scritti sono raccolte comunque diverse
considerazioni illuminanti e condivisibili anche da chi l’Africa la conosce
bene.
Perché
l’Africa è bella? Perché è il luogo
della terra nel quale la natura ha eretto a se stessa un monumento in cui pare
di ravvisare il metodo, l’ordine, il disegno, l’intenzione e la regolarità che
sono proprie delle opere d’arte umane. Altrove, questo disegno e questo metodo
sono incerti e in parte cancellati dagli uomini. In Africa per motivi storici,
geografici e climatici il metodo è stato applicato fin in fondo e il disegno è
perfetto […]. Ma nella bellezza dell’Africa non c’è soltanto questo metodo e
questa simmetria che sembrano umane; c’è pure un mistero che è senz’altro
disumano o se si preferisce extraumano.
E’ il mistero che si è espresso nella religione autoctona dell’Africa,
l’animismo, che ci avverte soprattutto e prima di tutto che l’Africa ha
un’anima. Tutti gli altri paesi del mondo hanno una storia; l’Africa, lei, ha
invece un’anima che tiene il luogo della storia. Cosicché la storia
dell’Africa, alla fine quando tutto è stato detto, è la storia della sua anima.
Nessun commento:
Posta un commento