Quando
ero impegnato nello studio della filiera pataticola nel distretto di Kilolo, in
Tanzania, ho avuto modo di saggiare tutte le fasi che interessano la produzione
di questo tubero, dalla coltivazione alla commercializzazione e trasformazione “industriale”. Durante
la stagione secca la coltivazione delle patate è ristretta alle aree di
fondovalle, dove rimane costantemente un livello di umidità utile alla
coltivazione. Nel raggiungere questi appezzamenti di terreno al seguito degli
agricoltori, ho potuto constatare di persona quanto scoscesa fosse la discesa all’andata
e ripida la salita al ritorno, sudandomi duramente questa fase dello studio. Le
strade dove arrivavano i camion per la raccolta delle patate si trovavano sulle
sommità delle colline, in molti casi ad alcune centinaia di metri di dislivello
dai campi di fondovalle. Il dubbio che immediatamente mi ha assalito è stato: “Ma
come diavolo fanno a trasportare i sacchi di patate fino a lassù?”. Gli
agricoltori hanno convenuto che fosse un lavoro pesante per cui per il
trasporto dei sacchi di patate (del peso medio di cento chilogrammi) assumevano
dei lavoratori a giornata. I sacchi erano così pesanti che per caricarli sulle
spalle occorrevano altri due lavoratori che li sollevassero,
e poi venivano trasportati risalendo lentamente le pendici delle colline fino alla strada. Questo tragitto veniva percorso decine di volte in un giorno, lavorando prevalentemente di notte perché le alte temperature giornaliere costituivano un ulteriore ostacolo. Il compenso che i lavoratori percepivano per questo supplizio di Sisifo ammontava a circa un euro al giorno.
e poi venivano trasportati risalendo lentamente le pendici delle colline fino alla strada. Questo tragitto veniva percorso decine di volte in un giorno, lavorando prevalentemente di notte perché le alte temperature giornaliere costituivano un ulteriore ostacolo. Il compenso che i lavoratori percepivano per questo supplizio di Sisifo ammontava a circa un euro al giorno.
Questo
episodio mi ha molto colpito, ma una riflessione più attenta rivelerebbe che
questo stile di vita, così incredibile ai nostri occhi, è praticamente la
normalità della vita umana su questo pianeta. Oltre tre miliardi di persone al
mondo vivono con meno di due dollari al giorno ed un miliardo di bambini sono
poveri. La ricchezza detenuta da Bill Gates supera il PIL di ben 140 nazioni
del mondo. Calcolando sommariamente la popolazione delle nazioni più ricche
emerge che l’80% della popolazione mondiale vive in un paese povero.
Incrociando poi i dati di fertilità delle nazioni ricche e di quelle povere, si
può affermare che la probabilità che un bambino, venendo al mondo, lo faccia in un paese ricco è inferiore al 9%.
Come
siamo arrivati a questo punto? Ma soprattutto: com’è possibile che ci siamo
abituati a considerare normale un mondo in cui una minoranza siede ad un lauto banchetto
mentre tutti gli altri si devono accontentare delle briciole? Se le parti
fossero invertite, non vorremmo che coloro che sono stati più fortunati di noi
dessero il loro contributo per garantire a noi e alle nostre famiglie i diritti
minimi che dovrebbero spettare ad ogni essere umano?
M.L.
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