sabato 6 agosto 2011

La suggestione mistica della montagna


Dopo una corsa senza ostacoli di mille e duecento chilometri, dalle rive del fiume Mississippi verso il Pacifico, la Grande Prateria settentrionale del continente americano si infrange contro una barriera di rocce che precedono le Montagne Rocciose e sembrano far loro la guardia. Gli americani hanno battezzato queste rocce “The Black Hills”, traducendo letteralmente il vecchio nome che avevano dato loro i Lakota Sioux: Paha Sapa, appunto le Colline Nere.[…]
Al mattino presto, quando il sole che sorge illumina la loro faccia rivolta a est, e al tramonto, quando il loro profilo dolomitico si staglia contro il cielo immenso del West alle loro spalle, da quei monti coperti di conifere e alti duemila metri si spigiona un richiamo profondo e inspiegabile. […]
[…] molto prima che gli scultori di monumenti e i produttori di Hollywood sentissero il richiamo delle Colline Nere, i Lakota Sioux avevano già stabilito che le Paha Sapa erano un luogo sacro, la casa di Uakan Tanka, il Grande Padre Mistero, il Grande Spirito, il Grande Creatore. La casa di Dio.
Sarebbe facile, naturalmente, concludere che quegli uomini ingenui e primitivi si sono lasciati incantare dall’incomprensibile bellezza di una catena di monti scuri che sboccia nel mezzo di una pianura arida, come un miraggio o un presagio delle grandi Rocciose. Ma chi ha visto le colline della Palestina, le alture nude, color ossa e sangue sulle quali sorge Gerusalemme, la città sacra di ben tre grandi religioni, il Cristianesimo, l’Islamismo e l’Ebraismo, sa che tutti gli uomini, e non solo i Sioux, associano istintivamente le suggestioni naturali con il richiamo del soprannaturale. Un’etologa americana, Jane Goodall, che da quarant’anni studia il comportamento dei nostri cugini, gli scimpanzé africani, sostiene, dopo aver visto le scimmie ammutolire estatiche davanti a catene montane e cascate alpine, che la prima idea di Dio dovette nascere negli uomini alla vista di un monte.
Brano tratto dal libro “Gli Spiriti non dimenticano”, di Vittorio Zucconi.

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