Tilivon ha 16 anni, ed è figlio del catechista del villaggio di Bomalang’ombe. E’ uno studente esemplare, ed i buoni risultati conseguiti durante la scuola primaria gli hanno consentito di accedere ad una scuola secondaria pubblica. Purtroppo, conformemente alle normative riguardanti la distribuzione degli studenti nella scuola pubblica, è stato destinato alla una scuola di Tunduru, che si trova a circa 500 chilometri da casa sua. Queste leggi, apparentemente crudeli, sono state introdotte dal primo presidente della Tanzania, Nyerere, allo scopo di formare classi composte da ragazzi provenienti da regioni diverse. In questo modo i ragazzi sono abituati fin da piccoli a frequentare un ambiente multietnico e ciò a contribuito a rendere la Tanzania uno dei pochi paesi dell’Africa a non conoscere tensioni sociali di matrice etnica. Trifon probabilmente non è al corrente del motivo per cui è costretto a rivedere la propria famiglia una volta all’anno affrontando un viaggio lungo e costoso, però accetta con gioia questa situazione perchè gli consente di studiare nella scuola secondaria.
Ayubo e Titus provengono da Kitemela, una piccola comunità rurale di poche centinaia di anime. Per arrivare al loro villaggio si è costretti a percorrere una strada sconnessa che è transitabile dalle auto pochi mesi all’anno. Le loro famiglie, come tutte quelle di Kitemela, traggono le proprie risorse dal lavoro dei campi e non possono permettersi di pagare la retta scolastica né le altre spese. Ogni studente infatti deve provvedere autonomamente all’acquisto del materiale scolastico, della divisa, del materasso, del cibo, del sapone, delle stoviglie, e di tutto l’occorrente per vivere lontano da casa propria. Ayubo e Titus sono i primi due abitanti del loro villaggio ad entrare nella scuola secondaria.
Jemaida vive a Mbawi, un villaggio situato sulle montagne della Tanzania meridionale. Frequenta la scuola secondaria a Masisiwe, che dista a piedi da casa sua un paio d’ore. Ogni giorno quindi Jemaida si alza molto prima dell’alba per arrivare puntuale a scuola per farvi poi ritorno alcune ore dopo il tramonto. Eppure, nonostante le difficoltà che la frequenza della scuola implica, Jemaida è una bambina fortunata perché, a differenza della maggior parte dei suoi coetanei di Mbawi, può ricevere un’istruzione che forse un giorno le consentirà di trovare un buon lavoro e quindi guadagnare abbastanza soldi da mantenere la sua famiglia.
Queste sono solo alcune delle storie dei ragazzi che beneficiano del progetto di Sostegno Scolastico di VolontariA onlus. La Tanzania è uno dei paesi dell’Africa con la più alta frequenza nelle scuole primarie (97 % - fonti Unicef), mentre è uno degli ultimi al mondo in fatto di accesso all’istruzione secondaria (4,8% - fonti Unesco). Mentre infatti le scuole primarie sono pressoché gratuite, le scuole secondarie rappresentano per le famiglie una spesa proibitiva. I pochi ragazzi che guadagnano per merito scolastico il diritto di accedere alla scuola governativa, dal costo accessibile, sono costretti a frequentarla lontano dal villaggio natale, e quindi a sostenere elevatissimi costi di vitto, alloggio e di trasporto. Quelli invece che potrebbero frequentare soltanto una scuola secondaria privata, seppur vicina a casa, devono pagare rette annuali onerosissime. In un modo o nell’altro una famiglia media tanzaniana dal reddito di circa 400 dollari all’anno, non può permettersi gli studi secondari dei propri figli. Il risultato è che spesso due o tre famiglie di parenti scelgono di unire le proprie misere finanze e di riservare questo privilegio a soltanto uno tra tutti i loro figli. Purtroppo la moderna vita cittadina richiede questo genere di qualifica per l’assunzione ad un lavoro dignitoso, completando quindi il meccanismo che perpetua la spirale di povertà.
L’istruzione è uno fra i più elementari diritti dell’essere umano e non c’è genitore in Tanzania che non sarebbe disposto a qualunque sacrificio per garantire questo diritto ai propri figli. La considerazione più dolorosa è che quello che è impossibile per due genitori in Tanzania, e cioè il pagamento della retta scolastica per uno dei propri figli, rappresenta uno sforzo assolutamente esiguo per un abitante del mondo cosiddetto evoluto: con 250 euro all’anno si può far fronte a questa spesa e garantire l’istruzione ad uno studente africano. E’ possibile che non si riesca a donare il superfluo per garantire l’essenziale ad un nostro simile?
M.L.
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