Comincerò riportando alcuni dati:
_ Il 37,5% della popolazione mondiale trae il proprio reddito dall’agricoltura, ma questa percentuale è la sintesi di estremi diametralmente opposti. E’ la media cioè di paesi come l’Italia in cui solo il 4,2% della popolazione lavora in agricoltura e di altri come il Niger in cui il 90% della popolazione trae dalla terra il proprio sostentamento (fonte: CIA world factbook);
_ Solo il 6% del PIL mondiale deriva dall’agricoltura (fonte: CIA world factbook);
_ Nel 2006 il 6,4% della popolazione europea era impiegata in agricoltura (fonte: Eurostat);
_ Nel 2009 circa il 44% dei fondi dell’unione europea sono stati destinati ad agricoltura e sviluppo rurale (fonte: bilancio UE);
Come si spiega questo ingente dispendio di risorse da parte dell’Unione in un settore così “marginale” da un punto di vista occupazionale? Perché l’Unione Europea dovrebbe impegnarsi così tanto in un ambito che coinvolge così pochi cittadini?
_ Il 37,5% della popolazione mondiale trae il proprio reddito dall’agricoltura, ma questa percentuale è la sintesi di estremi diametralmente opposti. E’ la media cioè di paesi come l’Italia in cui solo il 4,2% della popolazione lavora in agricoltura e di altri come il Niger in cui il 90% della popolazione trae dalla terra il proprio sostentamento (fonte: CIA world factbook);
_ Solo il 6% del PIL mondiale deriva dall’agricoltura (fonte: CIA world factbook);
_ Nel 2006 il 6,4% della popolazione europea era impiegata in agricoltura (fonte: Eurostat);
_ Nel 2009 circa il 44% dei fondi dell’unione europea sono stati destinati ad agricoltura e sviluppo rurale (fonte: bilancio UE);
Come si spiega questo ingente dispendio di risorse da parte dell’Unione in un settore così “marginale” da un punto di vista occupazionale? Perché l’Unione Europea dovrebbe impegnarsi così tanto in un ambito che coinvolge così pochi cittadini?
Tutti i fondi che l’Unione Europea destina all’agricoltura diventano aiuti e contributi senza i quali questo settore probabilmente non esisterebbe più in Europa. Questi sussidi, insieme alle barriere commerciali e legislative attuate dall’Unione, consentono agli agricoltori europei di trarre ancora un minimo guadagno da questa attività e di rimanere in qualche modo competitivi sul mercato. Purtroppo questo intervento della politica comunitaria sull’andamento dei mercati e dei prezzi dei prodotti agricoli sta cominciando ad affondare miseramente. Ciò avviene in primo luogo perché anche all’interno dell’Unione a 27 membri ci sono stati in grado di produrre a prezzi decisamente inferiori, e in secondo luogo perché l’organizzazione dei mercati provoca un distribuzione dei profitti lungo la filiera commerciale che penalizza pesantemente i produttori.
L’agricoltura, nonostante gli aiuti, sta vivendo una crisi gravissima ed in molti paesi rischia seriamente di sparire.
A questo punto torniamo alla domanda formulata in precedenza: ma è davvero essenziale un settore che impegna così tante risorse distribuendole su un numero di cittadini così esiguo?
Innanzitutto non si può affrontare questo argomento con gli stessi parametri che si utilizzerebbero per altri settori economici come l’industria o i servizi.
L’agricoltura non è un settore come gli altri.
La società umana così come la concepiamo oggi esiste solo grazie all’agricoltura. Se alcuni uomini non si prendessero carico della produzione di alimenti gli altri non si potrebbero dedicare alla cultura, alla scienza, all’arte, alla politica. Se tutti gli individui che compongono una società (come avveniva ed ancora avviene nelle primitive società di cacciatori-raccoglitori) fossero impegnati nell’approvvigionamento di cibo, quella civiltà non potrebbe progredire. L’innesco allo sviluppo sociale, civile, tecnologico, culturale dell’umanità è stata l’invenzione dell’agricoltura. Essa ha inoltre permesso all’uomo di riunirsi in insediamenti proto-urbani, di concentrare la popolazione in territori limitati consentendo lo scambio di informazioni, la stratificazione sociale, la creazione di eserciti. Le civiltà che per prime hanno scoperto l’agricoltura sono state quelle che sono emerse vittoriosamente nel corso della storia. Il libro “armi, acciaio e malattie” di J.Diamond spiega con grande semplicità queste dinamiche attribuendo all’agricoltura il ruolo chiave nella storia dell’uomo moderno.
L’agricoltura, nonostante gli aiuti, sta vivendo una crisi gravissima ed in molti paesi rischia seriamente di sparire.
A questo punto torniamo alla domanda formulata in precedenza: ma è davvero essenziale un settore che impegna così tante risorse distribuendole su un numero di cittadini così esiguo?
Innanzitutto non si può affrontare questo argomento con gli stessi parametri che si utilizzerebbero per altri settori economici come l’industria o i servizi.
L’agricoltura non è un settore come gli altri.
La società umana così come la concepiamo oggi esiste solo grazie all’agricoltura. Se alcuni uomini non si prendessero carico della produzione di alimenti gli altri non si potrebbero dedicare alla cultura, alla scienza, all’arte, alla politica. Se tutti gli individui che compongono una società (come avveniva ed ancora avviene nelle primitive società di cacciatori-raccoglitori) fossero impegnati nell’approvvigionamento di cibo, quella civiltà non potrebbe progredire. L’innesco allo sviluppo sociale, civile, tecnologico, culturale dell’umanità è stata l’invenzione dell’agricoltura. Essa ha inoltre permesso all’uomo di riunirsi in insediamenti proto-urbani, di concentrare la popolazione in territori limitati consentendo lo scambio di informazioni, la stratificazione sociale, la creazione di eserciti. Le civiltà che per prime hanno scoperto l’agricoltura sono state quelle che sono emerse vittoriosamente nel corso della storia. Il libro “armi, acciaio e malattie” di J.Diamond spiega con grande semplicità queste dinamiche attribuendo all’agricoltura il ruolo chiave nella storia dell’uomo moderno.
L’agricoltura produce riflessi fondamentali su molti aspetti della nostra vita di tutti i giorni. In particolare essa influenza in modo decisivo la nostra cultura, secondo la celebre frase del filosofo Ludwig Feuerbach “Noi siamo ciò che mangiamo”. Noi italiani dovremmo essere i più strenui sostenitori e difensori dell’agricoltura, perché essa rappresenta l’essenza stessa della nostra storia e del nostro presente. E non parlo solo della cucina, aspetto che sappiamo apprezzare e riconoscere forse solo quando ci rechiamo in qualunque altro paese del mondo. Mi riferisco anche al territorio e come l’agricoltura "vesta" il nostro paesaggio. Essa svolge una funzione non solo estetica, ma anche e soprattutto di difesa dei terreni, di regimentazione delle acque superficiali, di razionalizzazione della presenza umana.
Quanta storia è presente nella lavorazione artigianale dei prodotti agricoli, nella realizzazione delle nostre produzioni tipiche che contengono quel sapere artistico che ha fissato nel corso dei secoli i gesti traducendoli poi in tradizioni!
Purtroppo, proprio in Italia l’agricoltura agonizza come in pochi altri paesi del mondo accade.
Quanta storia è presente nella lavorazione artigianale dei prodotti agricoli, nella realizzazione delle nostre produzioni tipiche che contengono quel sapere artistico che ha fissato nel corso dei secoli i gesti traducendoli poi in tradizioni!
Purtroppo, proprio in Italia l’agricoltura agonizza come in pochi altri paesi del mondo accade.
Concludo con una frase di Norman Borlaug, premio Nobel per la pace : “Non esiste alcun bene che sia più essenziale del cibo. Senza questo le persone muoiono , le organizzazioni sociali e politiche si disintegrano, le civiltà collassano”.
M.L.
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