Questo fenomeno ciclico si verifica in tutte nazioni bagnate dall'Oceano Indiano durante l'estate australe, quando cioè masse d'aria sature dell'umidità dell'oceano vengono spinte verso la massa continentale asiatica fino alla catena dell'Himalaya, dove vengono spinte verso l'alto per poi ricadere sotto forma di pioggia.
Ciò accade, in Tanzania, per sei mesi all'anno, da Novembre a Maggio. A Maggio i monsoni cambiano direzione, determinando l'inizio dell'inverno australe. In quel periodo i continenti sono più freddi dell'oceano e quindi i venti spirano da terra verso il mare, determinando una stagione caratterizzata da clima secco e mancanza di pioggia.
Questi avvenimenti climatici incidono in maniera profonda sulla vita delle popolazioni che si trovano in queste aree. Le piogge segnano la stagione dell'agricoltura e delle attività da cui deriveranno i mezzi di sostentamento per tutto l'anno. Tutti, ma proprio tutti i tanzaniani, si recano ai campi per piantare mais, patate, girasoli, fagioli e piselli. Anche chi lavora in città ricoprendo magari incarichi di tutto rispetto e lucrativi, ha qualcuno a casa che lavora i campi per lui. Il distacco dall'attività agricola non sembra essere ancora avvenuto, anche in molti contesti urbani.
In alcune regioni della Tanzania piove pochi giorni ed in maniera imprevedibile, complicando immensamente la produzione di alimenti. Ecco che allora la selezione attuata dall'uomo ha "donato" colture che resistono alla siccità, come il sorgo, il sesamo, la manioca, il miglio e l'arachide.
L'umidità che caratterizza la stagione delle piogge determina inoltre le condizioni ideali per l'esplosione demografica della popolazione di insetti, e fra questi del più temibile insetto del mondo, la zanzara Anopheles, il vettore della malaria. Questo è infatti il periodo in cui si ha il picco dei casi e, purtroppo, delle morti a causa di questa malattia.
Le piogge abbondanti sono poi alla base di alcuni ecosistemi molto particolari che si trovano in Tanzania. Le correnti monsoniche, incontrando i rilievi delle Montagne dell'Arco Orientale, causano delle precipitazioni eccezionali sulle pendici di questi monti e alimentano alcune delle foreste pluviali meno conosciute del nostro pianeta. Queste foreste trattengono l'acqua di precipitazione e la rilasciano gradualmente nel corso del periodo secco; sono quindi veri e propri bacini idrici fondamentali per la protezione di corsi idrici e sorgenti.
Vivere una stagione delle piogge da straniero invece comporta tutta una serie di controindicazioni che non sono riportate nei libri. Se la si trascorre poi in un villaggio sperduto, beh, si può parlare di masochismo puro e semplice.
Ikondo è un piccolo villaggio distante tre ore di sterrato (la distanza non è importante in quanto assolutamente relativa) dal più vicino centro urbano, Njombe. Durante le piogge la durata del viaggio può variare dalle quattro ore ai due giorni, in base allo stato delle strade, dei ponti ed alla presenza di veicoli impantanati in mezzo alla strada ed abbandonati al loro destino. Ogni viaggio è una specie di roulette russa, non avendo alcuna certezza tranne una: non arriverai pulito alla meta.
Quando non si viaggia i problemi sono diversi. Di fatto si trascorre la stagione delle piogge da eremiti, non potendo muoversi né fare passeggiate. Si legge tantissimo, si lavora molto al computer, si guardano film se si ha la fortuna di averne. Non sempre si riesce a dormire, perché a volte la pioggia è talmente forte che lo scroscio provocato impedisce di addormentarsi. La vita chiusi tra casa ed ufficio è noiosa, ma la prospettiva di mettersi per strada, con tutto quello che ciò comporta, la rende preferibile ad ogni altra cosa.
La pioggia cadendo produce un rumore di fondo che all'inizio è snervante, ma al quale poi ci si arrende sconfitti.
Tutto sommato alla lunga si scoprono anche alcuni aspetti per così dire "romantici", per cui assecondando i propri ritmi al clima ci si cala maggiormente in una vita scandita dalla natura e quindi più umana, meno frenetica, più propensa a costruire relazioni. E questo è esattamente ciò che fanno anche gli abitanti di Ikondo. Quando non sono nei campi si trovano e parlano per ore ed ore (oltre che bere litri di alcolici a base di mais fermentato). Oppure non fanno semplicemente nulla, osservano la pioggia mettendosi in quello stato di attesa passiva così bene descritto da Kapuscinski e che lascia sbalordito quanto perplesso chi viene dalla nostra parte del mondo. Vivendo un periodo lungo in un villaggio come Ikondo si inizia a comprendere questo stile di vita apparentemente inoperoso, che in realtà è solo un adattamento al clima. Queste persone attendono, immobili, un solo momento.
Improvvisamente il rumore di fondo, che durava ormai da sei mesi, si interrompe e rimane solo il silenzio. Le piogge sono finite, ed inizia una nuova stagione della vita.
M.L.